A pochi giorni dall'uscita nelle edicole del cofanetto allegato al Secolo XIX, un grande evento sta per arrivare al salotto &teatro Dai Lucedio di Novi Ligure dove, domenica 23 novembre alle ore 21, ci sarà la proiezione del film "Una canzone per il paradiso" alla presenza del regista Nicola di Francescantonio e dell'autore delle musiche, Settimo Benedetto Sardo, che eseguirà dal vivo alcuni pezzi della colonna sonora.
Un'occasione rara e preziosa di partecipare ad una serata particolare perchè del tutto particolari sono già i protagonisti del film, l'indimenticabile don Andrea Gallo e il cantautore o meglio poeta genovese Gino Paoli.
Vi aspettiamo. Per info 3342135445 - dailucedio@hotmail.it
Recensione: Guardando “Una canzone per il paradiso”, film del regista Nicola di Francescantonio, genovese doc, non si vince l’emozione per le immagini che ritraggono don Andrea Gallo, fondatore della Comunità di San Benedetto al Porto, prete degli umili, un po’anarchico e di sicuro anomalo rispetto a qualsiasi idea di gerarchia e di potere, morto il 22 maggio di quest’anno. Il film ne immortala il personaggio. Don Gallo, con la sua impareggiabile umanità, è straordinario testimonial insieme a Gino Paoli per raccontare Genova e i cantautori che le hanno dato lustro: Luigi Tenco, Fabrizio De André, Bruno Lauzi, Umberto Bindi.
Nessuno conosceva Genova come don Gallo. Dai vicoli del centro storico alla storia della città con le sue contraddizioni fatte di emarginazione in una grande città di porto, dal lavoro antico di puttane e travestiti al mugugno della gente di mare come tratto identitario. Ripreso tra i festeggiamenti per i quarant’anni della sua Comunità e per il compleanno numero 80, tra le stradine che conosce a memoria, don Gallo narra con semplicità la Genova della seconda metà degli anni Quaranta: migliaia di marinai americani dispersi tra i carruggi, nottate fatte di immoralità e sofferenze. Il tutto era humus ideale per i giovani che annusavano storie particolari e ritmi di jazz che provenivano da oltre Oceano. Finanche i primi dischi di musica brasiliana sono arrivati dalle navi che attraccavano a Genova. Un gruppo di ragazzi “zenesi” ha poi fatto tesoro di quelle potenzialità artistiche usando la musica per esprimersi.
Gian Franco Reverberi, genovese, musicista e compositore, colui che chiamò alla Ricordi a Milano i suo amici facendoli diventare cantautori, ricorda che prima di Paoli & company c’era stato Natalino Otto, altro genovese, a cantare le prime canzoni con musica jazz e swing (va ricordato pure il genovese Joe Sentieri), e che la breve distanza dalla Francia faceva sì che in Liguria arrivassero prima che altrove le canzoni di George Brassens e Jacques Brel dei primi anni Sessanta.. Da qui l’originale miscela tra musiche americane e testi innovativi d’Oltralpe.
Paoli indica in Giorgio Calabrese, altro genovese, talentoso paroliere e autore televisivo, l’inventore con Bindi (“era musicalmente il più bravo”) di un nuovo genere musicale con canzoni come “Arrivederci” e “Il nostro concerto”. Arnaldo Bagnasco, genovese pure lui (ricordate Mixer cultura?), scomparso quest’anno dopo aver diretto, tra gli altri meriti, l’attività culturale di Palazzo Ducale, dichiara che le canzoni iniziali di Paoli “hanno spostato l’asse del sentimento musicale”.
Don Gallo e Paoli si aggirano nel centro storico di Genova, accompagnati da strampalati personaggi. Uno scenografo che diventa attore, un attore che insegna allo scenografo il mestiere di chi recita, lo stesso regista che guida le riprese, un cieco che fa cadere per terra una scacchiera dove un barista sta giocando da due ore una partita a dama. L’espediente narrativo usato da di Francescantonio è quello del film nel film. La colonna sonora è fatta delle canzoni di Paoli, Bindi, Tenco, De André, Lauzi. La città ne è così pregna che il regista fa cantare i muri di Genova.
Racconta Paoli, che torna a visitare il porticciolo di Boccadasse dove viveva in una soffitta e dove scrisse “La gatta”: “Genova fu massacrata dai bombardamenti. La sera si andava nei rifugi. La morte arrivava imprevista. Vivevamo una anormalità normale. Noi abbiamo subito quella realtà, siamo figli della guerra. Nelle nostre canzoni all’inizio si sente una malinconia di fondo. E’ una insoddisfazione che serve a cercare”.
Non mancano altri tocchi surreali nel film, come l’episodio della morte di Ninni, il venditore di limoni. Le scale che portano al suo appartamento sono così strette che la bara dovrà essere calata dalla finestra. I funerali mobilitano un pezzo di umanità dei vicoli genovesi. Altri accadimenti imprevisti punteggiano il film dove la narrazione su Genova e su i suoi cantautori si mescola. A Paoli il compito di puntualizzare: “Eravamo ragazzi che ci divertivamo a suonare, come fanno i giovani di oggi. Non avevamo velleità di diventare importanti. Io facevo il pittore, De André l’economo nell’industria del padre, Lauzi e Tenco frequentavano l’università. La musica era il nostro trip: facevamo dei viaggi con la fantasia”. Per Paoli, la vera rivoluzione compiuta insieme ai suoi amici di gioventù è consistita nel linguaggio usato nelle loro canzoni: “Scrivevamo con le parole di tutti i giorni”.
Commovente e ancora surreale la scena che annuncia il finale del film. Grazie a una immagine poetica creata da Sergio Stivaletti, curatore degli effetti speciali, una nave misteriosa sbarca in un poetico locale dove regna l’immaginazione tra giocolieri e personaggi da circo. Ne escono Tenco, De André, Bindi e Lauzi. Ad attenderli ci sono Reverberi, Calabrese, don Gallo e Paoli che li abbracciano e chiacchierano con loro da vecchi amici.
Il film chiude con l’esecuzione da parte di un gruppo di giovani musicisti di uno spartito ritrovato tra vecchi ritagli d’epoca: “Una canzone per il paradiso”. La musica ha nuovi testimoni genovesi che ne tramanderanno la tradizione. Genova contemporanea, invece, non è più quella delle industrie e di un porto tra i più importanti del Mediterraneo. Oggi il capoluogo ligure è una città di servizi, deindustrializzata, diventata polo turistico grazie al restauro del Porto antico, all’Acquario più importante d’Europa e alle sue mostre ospitate nei palazzi ducali. Genova appartiene a quella categorie di città che si amano o si odiano. Genova e i genovesi non si prestano a mezzi sentimenti. Il film di Nicola di Francescantonio ne è onesta testimonianza.
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